Per ritenzione idrica, si intende la ridotta capacità di eliminare sostanze dall'organismo che si accumulano con l'acqua negli spazi interstiziali.
Nei soggetti sani le cause possono essere molteplici, è bene ricordare che esistono anche condizioni patologiche che inducono ritenzione idrica.
Le condizioni più comuni in questi casi, sono legate a disfunzioni che colpiscono organi come il cuore, i reni e il fegato.
Nei soggetti sani la ritenzione idrica è per lo più legata allo stile di vita, agli aspetti ormonali ad esso collegati e alla genetica.
Uno stile di vita scorretto indirettamente può determinare un'alterazione dell'equilibrio ormonale, che nei soggetti più predisposti porta a ritenzione di liquidi.
Sedentarietà, alimentazione squilibrata, eccessivo stress, sono certamente dei fattori che influenzano questo processo fisiologico.
La genetica insieme ai fattori appena citati, predispone alla possibilità di avere ritenzione idrica.
Nei soggetti che posseggono un biotipo ginoide, tipico ingrassamento a ''pera'', questa problematica è molto più frequente rispetto ai soggetti con biotipo androide.
Questo accade principalmente nelle donne, anche se può presentarsi negli uomini che hanno un marcato biotipo ginoide.
Possibili rimedi per la ritenzione idrica
Come già detto nelle condizioni non patologiche, la ritenzione idrica può essere limitata adottando un corretto stile di vita, determinando in questo modo un buon equilibrio ormonale.
Attività fisica adeguata e alimentazione corretta, possono anche essere degli elementi importanti che limitano gli effetti della ritenzione di liquidi, nei soggetti con una predisposizione genetica.
Per quanto riguarda l'attività fisica è bene:
evitare di rimanere per troppo tempo fermi, al fine di attivare adeguatamente il ritorno venoso di sangue e linfa, dalla periferia al centro;
eseguire attività cardio a moderata intensità quotidianamente, evitando di svolgerla per tempi troppo lunghi, molto meglio diluire l'attività nel corso della settimana per tempi più brevi;
compiere 2/3 volte alla settimana workout con sovraccarichi full body o a circuito, senza eccedere con il numero di ripetizioni e senza arrivare all'esaurimento muscolare, per limitare l'eccessivo accumulo di acido lattico;
prediligere negli allenamenti con i pesi esercizi base per gli arti inferiori come: squat, affondi e mezzi stacchi.
Un'alimentazione equilibrata in grado di limitare la ritenzione idrica dovrebbe:
prevedere un'adeguata quantità di carboidrati, per lo più complessi, non meno del 50% delle calorie totali giornaliere;
apportare la giusta quantità di proteine, almeno 1 gr. per chilo di peso corporeo;
favorire un adeguata introduzione di fibre non meno di 15 gr. al giorno;
non far mancare il giusto apporto di acqua, almeno 1 ml per ogni caloria assunta;
prevedere un adeguato apporto di antiossidanti provenienti da frutta e verdura.
In palestra si sente spesso parlare di acido lattico, identificandolo più o meno correttamente come un prodotto di scarto del metabolismo energetico. Quando si pratica attività fisica ad una certa intensità, l'acido lattico viene prodotto e provoca quella sensazione di fastidio o dolore nei muscoli.
L’acido lattico è una sostanza prodotta fisiologicamente dal nostro organismo, che spesso viene identificata come uno scarto, un residuo metabolico che deve essere necessariamente smaltito, anche se in realtà può essere una sostanza molto utile per fornire energia ai tessuti, come ad esempio quello cardiaco.
Quando l'attività fisica che si svolge raggiunge una certa intensità e la richiesta energetica aumenta, le cellule iniziano a produrre acido lattico per sopperire alla carenza di ossigeno e continuare a ricavare energia per sostenere lo sforzo fisico.
Il quantitativo di acido lattico tollerabile dall'organismo di un adulto è di circa 4-18 mg/ml di sangue. Superata questa soglia, l'eccesso passando per i capillari raggiunge il fegato per ritornare a essere di nuovo utilizzato. A livello del fegato l'acido lattico viene convertito in glucosio attraverso il Ciclo di Cori.
I tessuti dell'organismo che producono maggiori quantità di acido lattico, sono i muscoli scheletrici striati quando vengono sottoposti a degli sforzi molto intensi, non per forza prolungati, che vanno però oltre la soglia anaerobica.
Acido lattico e Esercizio Fisico
La produzione di acido lattico inizia quando il meccanismo aerobico, non è più in grado di soddisfare le richieste energetiche del nostro organismo, attraverso l'utilizzo di ossigeno. La via accessoria utilizzata in queste occasioni per produrre ATP, viene chiamata meccanismo anaerobico lattacido che sopperisce alla carenza di ossigeno per produrre energia, ma al contempo aumenta la quota di acido lattico, rendendo via via più difficile per l'organismo neutralizzarne la quantità.
La concentrazione ematica di acido lattico nel sangue è normalmente di 1-2 mmol/L in condizioni di riposo, ma durante uno sforzo fisico intenso può raggiungere e superare i 20 mmol/L. La soglia anaerobica, viene misurata tramite la concentrazione ematica di acido lattico durante lo sforzo fisico e viene fatta coincidere con la concentrazione di 4 mmol/L.
L’acido lattico inizia ad accumularsi nei muscoli e nel sangue quando la velocità di sintesi supera la velocità di smaltimento, approssimativamente quando si raggiunge l'85% della FC max nei soggetti sedentari e il 92% della FC max in quelli allenati.
Oltre la soglia anaerobica si produce più acido lattico di quanto se ne riesca a smaltire, con le conseguenze ben note di: fatica, dolore e rigidità muscolare, che inducono ad un calo e possibile blocco della prestazione fisica.
L’acido lattico si smaltisce dimezzandosi ogni 15-30 minuti, i tempi sono diversi a seconda dell’allenamento e della quantità di acido lattico prodotta. Per questo è bene sfatare il falso mito, secondo il quale i DOMS avvertiti anche a distanza di due giorni dallo sforzo fisico siano attribuibili all'acido lattico.
I soggetti più allenati riescono a ottimizzare la produzione e smaltimento dell'acido lattico, attraverso gli adattamenti creati con l'allenamento che rendono più efficiente il meccanismo aerobico.
E' buona regola in ogni caso conoscere la propria soglia anaerobica attraverso metodi diretti o indiretti, per capire come gestire al meglio le performance atletiche di durata, senza che la produzione eccessiva di acido lattico possa pregiudicarne lo svolgimento.
La soglia anaerobica rappresenta l’intensità dell’esercizio, o di consumo di ossigeno, in corrispondenza della quale il metabolismo anaerobico subisce un'intensificazione.
Un esercizio svolto in soglia anaerobica, porta un accumulo importante di acido lattico a livello muscolare e nel sangue, limitando in questo modo la durata della prestazione.
L'attività fisica svolta in soglia aerobica al contrario, può essere protratta nel tempo, dato che l'apporto di ossigeno ventilato è sufficiente a smaltire l'acido lattico dai muscoli; l'acido lattico viene poi utilizzato come combustibile metabolico nel ciclo di Krebs, o riconvertito a glucosio e glicogeno. Determinare con esattezza la soglia anaerobica, è sicuramente molto importante per gli atleti che svolgono attività di endurance, per ottimizzare la programmare degli allenamenti e per adeguare il ritmo di gara. Superare questo valore soglia, porterebbe in breve tempo uno squilibrio tra la produzione e la metabolizzazione del lattato a livello muscolare, alterando in questo modo il livello della prestazione atletica.
Soglia anaerobica e metodi di misurazione
Il metodo più accurato per identificare la soglia anaerobica, consiste nel prelevare una goccia di sangue venoso, durante dei test basati su carichi di lavoro crescenti, utilizzando un apparecchio che in tempo reale, misura i livelli di acido lattico nel sangue. Esistono diversi test da campo, in grado di misurare la soglia anaerobica, senza effettuare la misurazione del lattato nel sangue, uno tra i più conosciuti e quello di Conconi, anche se attualmente non e più molto considerato dalla letteratura scientifica mondiale.
È un test massimale, quindi non applicabile in palestra che può essere svolto su: tapis roulant, cyclette, step, ecc.., in cui progressivamente si aumenta il carico di lavoro, mantenendo monitorata la frequenza cardiaca.
Conconi con il suo test, evidenziò come la frequenza cardiaca si elevi linearmente, con l'aumento progressivo del carico di lavoro fino ad un certo punto, definito punto di deflessione, oltre il quale la frequenza cardiaca non aumenta più in maniera lineare con il carico di lavoro.
Anche se esiste una buona correlazione, tra il punto di deflessione e la soglia anaerobica, questo test negli ultimi anni e stato molto criticato per la sua attendibilità.