Macronutrienti per dimagrire

Un'alimentazione equilibrata deve prevedere una corretta ripartizione dei macronutrienti.
Al di là che si voglia aumentare di massa muscolare, o diminuire di massa grassa, è fondamentale seguire un regime nutrizionale personalizzato e coerente con l'obiettivo che si vuole raggiungere.

Per dimagrire argomento dell'articolo, è importante oltre a seguire un allenamento adatto e a diminuire l'introito calorico, stabilire le giuste proporzioni di macronutrienti nella dieta.
Le linee guida internazionali stabiliscono che l'introduzione di nutrienti, non deve variare in proporzione anche nelle fasi di dimagrimento, l'unico elemento da tenere in considerazione in questo senso è la riduzione di calorie introdotte, oltre chiaramente a seguire uno stile di vita attivo.

Questo può essere accettabile per le persone normoattive, o che praticano attività fisica moderata, non è probabilmente un approccio ottimale, per gli atleti o i soggetti che vogliono ottenere i massimi risultati in termini di composizione corporea.
Per la popolazione generale il consiglio è di ripartire i macronutrienti come segue: 55-60% di carboidrati, 25-30% di grassi e 10-15% di proteine.

Come ripartire i macronutrienti per dimagrire

Come detto in precedenza per gli atleti e gli sportivi molto attivi, vale probabilmente la pena impostare una ripartizione dei macronutrienti differente rispetto alla popolazione generale, in tutte le fasi, ancor di più in quelle di dimagrimento.
Questo per mantenere un buon livello di performance e al contempo migliorare la composizione corporea.

L'obiettivo della fase di dimagrimento è quello di perdere tessuto adiposo, preservando il più possibile la massa magra costruita con l'allenamento nelle fasi di ipertrofia.
Questo secondo gli studi più autorevoli, deve avvenire seguendo una dieta leggermente ipocalorica, con un deficit giornaliero di circa 300-500 Kcal.
Diminuire troppo l'introduzione di calorie può essere controproducente, portando ad un peggioramento della performance atletica e al contempo un maggior catabolismo muscolare.

L'allenamento chiaramente deve essere curato nei minimi dettagli, tenendo conto che avendo un taglio delle calorie introdotte, è sconsigliato aumentare l'attività fisica svolta come fanno molte persone, questo per ottenere un dimagrimento e un mantenimento della massa magra ideale.

Diversi studi autorevoli hanno evidenziato, come una ripartizione di macronutrienti ottimale per gli sportivi nelle fasi di dimagrimento, deve prevedere l'introduzione: per il 45-50% di carboidrati, per il 25-30% di grassi e per il 25-30% di proteine.

I carboidrati dovrebbero provenire tutti da fonti alimentari di qualità a moderato-basso indice e carico glicemico; i grassi ''buoni'' devono essere predominanti nell'introduzione quotidiana di questo macronutriente; le proteine di qualità devono essere ben ripartite nei pasti giornalieri e possono arrivare ad essere introdotte fino a 2 gr/kg di peso corporeo.

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Metabolismo energetico come calcolarlo

Attraverso il metabolismo l’organismo umano si trova in una condizione di continuo reciproco scambio energetico con il mondo esterno, da cui si rifornisce di energia attraverso gli alimenti che contengono nutrienti cosiddetti energetici (glucidi, proteine, lipidi e alcol).
L’unità di misura dell’energia, è la chilocaloria definita come la quantità di calore necessaria ad innalzare da 14,5 a 15,5 °C la temperatura di un litro di acqua distillata alla pressione di un’atmosfera.
L’energia ottenuta dalla demolizione degli alimenti viene trasferita e conservata all’interno delle cellule sotto forma di adenosintrifosfato (ATP), la molecola energetica più importante che le cellule umane sono capaci di utilizzare, che può essere però accumulata in quantità limitate.
L’insieme di tutte le modificazioni chimiche e fisiche che avvengono nell’organismo umano prende il nome di metabolismo: la trasformazione del cibo in energia, la costruzione di nuove molecole, la produzione di ormoni ed enzimi, ecc..
Il metabolismo comprende sia i processi di demolizione che avvengono all’interno dell’organismo, dove i principi nutritivi energetici vengono trasformati in sostanze più semplici con liberazione di energia (catabolismo); che il processo opposto (anabolismo)
dove le sostanze più semplici vengono trasformate in composti complessi, con consumo di energia e formazione di materiale biologico.

Come calcolare il metabolismo energetico

Il dispendio energetico totale (Total Energy Expenditure, TEE) rappresenta il consumo totale di energia nel corso delle 24 ore (24 h Energy Expenditure, 24 h EE) che viene espresso in Kcal, risultante di tre differenti componenti: metabolismo basale, costo energetico da attività e termogenesi indotta dalla dieta.
Il metabolismo di base o Metabolismo Basale (MB, o Basal Metabolic Rate BMR) può essere definito come la quota energetica utilizzata per mantenere le funzioni vitali, in condizioni di assoluto riposo in stato di veglia.
In un individuo adulto sano e sedentario, il MB incide per circa il 65-75% del TEE, viene influenzato principalmente: dal peso, dal sesso, dall’età, ma soprattutto dalla percentuale di massa magra del soggetto.
Il metabolismo basale corrisponde a circa 1 Kcal/Kg p.c. (0,9 per le donne) ogni ora. Dopo i 30 anni il MB subisce un decremento costante che giunge fino al 30% oltre i 70 anni; durante il sonno si abbassa del 7% circa.
La termogenesi indotta della dieta (TID o Thermogenesis Diet Induced , TID), in passato nota come Azione Dinamico Specifica degli Alimenti, rappresenta il dispendio energetico indotto dall’assunzione di alimenti. La TID corrisponde, in media, al 7-15% del TEE, varia
in funzione della quantità e del tipo di alimento ingerito; raggiunge il massimo nell’ora successiva all’introduzione del cibo e dura per circa 4 ore.
La TID varia in relazione alla qualità e all’utilizzazione dei singoli nutrienti: proteine e aminoacidi (10-35%) carboidrati (5-10%), lipidi (2-5%).
Il costo energetico dell’attività fisica (Activity Energy Expenditure, AEE; Work Induced Thermogenesis, WIT) può variare anche sensibilmente in funzioni delle abitudini di vita, del tipo e dell’intensità dell’attività fisica svolta; può rappresentare poco più del 15% del TEE, fino ad arrivare a valori anche notevolmente superiori (2-3 volte il MB), nel caso di lavori particolarmente faticosi o nel caso di atleti che si allenano quotidianamente, anche due volte al giorno.

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Alimentazione nello sportivo

Una corretta alimentazione è fondamentale per ottimizzare i risultati in palestra, gli allenamenti con i pesi sono per lo più anaerobici lattacidi, per questo motivo la fonte energetica principale utilizzata nel corso dell'attività sono i carboidrati.
Una quantità sufficiente di questo macronutriente nell'alimentazione quotidiana, è essenziale non solo per poter compiere allenamenti intensi, ma anche per poter rimpinguare le riserve di glicogeno nel post-workout.
È meglio prediligere i carboidrati complessi nell'alimentazione, perché mantengono i livelli energetici più stabili nel tempo.
All'interno di un'alimentazione equilibrata, le proteine secondo i più autorevoli studi in materia, devono essere introdotte nello sportivo nell'ordine di 1,5-2 g per kg/die.
È importante che questa quota giornaliera, sia ripartita nel corso dei vari pasti della giornata e che sia basata sull'assunzione di proteine ad alto valore biologico.
La quantità di lipidi nell'alimentazione, non deve essere inferiore al 20-30% delle calorie totali, essendo questo un macronutriente fondamentale per la salute e per favorire un'adeguata secrezione di testosterone.

Alimentazione nello sportivo

Un'alimentazione equilibrata è essenziale per ottenere uno stato di salute ottimale e nel contempo migliorare le performance negli sportivi.
I carboidrati o glucidi come già sottolineato, sono la principale fonte energetica utilizzata dall'organismo durante gli allenamenti anaerobici e aerobici.
Nell'alimentazione di qualsiasi sportivo, la quantità di carboidrati deve rappresentare il 50/65% della quota energetica totale, di questa circa l'80% dovrebbe derivare da carboidrati complessi e il restante 20% da carboidrati semplici.
Allenamenti costanti e ad intensità adeguate, comportano senza dubbio un fabbisogno proteico maggiore, rispetto ai livelli raccomandati per la popolazione generale. L’esercizio di forza e potenza aumenta il turnover proteico a livello muscolare stimolando sia la sintesi che la degradazione delle proteine.
Dagli studi effettuati si è visto che nelle prestazioni sportive di endurance, l'apporto proteico giornaliero ottimale è compreso tra 1,6-1,8 g/kg p.c..
Nelle attività di forza e potenza, un fabbisogno proteico compreso tra 1,4-1,6 g/kg p.c., sembra assolvere a tutte le necessità.
Secondo altri autori invece, i benefici maggiori si avrebbero con apporti proteici che vanno da 1,4 a 1,8 g/kg p.c. fino a un massimo di 2 g/kg p.c..
Per gli sportivi impegnati in attività fisiche di lunga durata i lipidi sono fondamentali, dato che elevano la quota energetica totale, senza aumentare eccessivamente il volume di cibo consumato.
La quota di lipidi nell'alimentazione di chi pratica attività fisica, non si discosta molto da quella della popolazione generale e deve essere compresa tra il 20-30% del totale calorico giornaliero.

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La Dieta Paleozona

La Paleozona, è un tipo di dieta ideata dal Dott. Aronne Romano. Il Dott. Romano riprende le caratteristiche specifiche della dieta a Zona, apportando delle sostanziali modifiche.
La Paleozona rispetto alla classica dieta a Zona, prevede un'assunzione più selettiva del cibo, per aumentare ulteriormente i notevoli benefici forniti dall'alimentazione a Zona, attraverso una scelta di alimenti più vicini a quelli consumati dai nostri antenati e pertanto più indicati alla nostra genetica.
Il presupposto scientifico della Paleozona è costituito dal fatto che l'uomo per la maggior parte, in qualità di cacciatore-raccoglitore, si è nutrito di carne, pesce, verdura e frutta. Di conseguenza l'organismo umano si è adattato metabolicamente a funzionare al meglio con questo tipo di alimenti.
Con l'avvento dell'agricoltura-allevamento (10.000 anni fa), sono stati inseriti, in modo rapido, alimenti quali i cerali, i legumi e i latticini, cibi fino ad allora sconosciuti all'organismo umano che hanno causato, con il passare degli anni, l’insorgenza di malattie metaboliche croniche.
Con l'industrializzazione nel XVII secolo (1600), è iniziata la produzione e assunzione di alimenti raffinati, che hanno stravolto e peggiorato ulteriormente la qualità degli alimenti assunti. Questa rapida variazione in peggio della dieta è considerata la causa principale dell'inarrestabile epidemia di: obesità, malattie cardiovascolari, diabete mellito, tumori e di tante altre malattie infiammatorie croniche del mondo occidentale. Malattie che non colpivano i nostri antenati Paleolitici che erano invece sani, magri e con struttura fisica atletica.

Paleozona vantaggi e svantaggi

In pratica la Paleozona prevede di evitare l'assunzione di: cereali e derivati, legumi, zucchero raffinato e dolcificanti (fruttosio e miele inclusi), bibite zuccherate, succhi e spremute.
Consiglia di assumere, come fonte di carboidrati, frutta e vegetali non amidacei, preferendo quelli a basso carico glicemico; proteine provenienti da fonti magre: pesce, carni bianche, selvaggina, tagli magri di carne rossa, albume d'uovo; assumere almeno 2 litri di acqua al giorno, per gli sportivi anche 3 litri. Secondo il Dott. Aronne Romano la Paleozona è molto indicata nei periodi di ''stallo'' nella riduzione del grasso corporeo per imprimere a questa un'accelerata.
Come si può ben capire la Paleozona è un regime alimentare ipocalorico che si basa sull'assunzione di cibi sani, escludendo tutte le fonti alimentari ricche di grassi saturi e zuccheri.
I vantaggi della Paleozona possono essere notevoli, in particolare per tutte quelle persone che necessitano di perdere peso e massa grassa nelle prime fasi di dieta, in tutti questi soggetti una dieta simile può apportare dei benefici non solo per quanto riguarda la composizione corporea, ma anche per il quadro lipidico e glicemico nel sangue.
Gli svantaggi della Paleozona possono essere legati principalmente alla scarsa quantità di carboidrati che come si sa sono essenziali per la performance sportiva, per questo motivo i soggetti che si allenano intensamente e possiedono un'ottimale composizione corporea, possono introdurre in un regime alimentare come la Paleozona, una quota controllata di cereali non raffinati.
In linea generale si può affermare che la Paleozona si discosta dai regimi alimentari low-carb per il suo equilibrio nell'assunzione dei cibi, deve essere però leggermente compensata con l'assunzione di carboidrati complessi non raffinati, negli sportivi impegnati in allenamenti intensi.

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La Dieta a Zona

La Dieta a Zona si basa sul concetto che il dimagrimento è ottenibile quando si riesce a raggiungere a livello ematochimico un particolare rapporto tra insulina e glucagone. Questo rapporto si raggiungerebbe facendo rientrare i due ormoni in un particolare intervallo o "zona". Nella dieta a zona in ciascuno dei 5 pasti giornalieri si dovrebbe raggiungere il rapporto 40-30-30 tra carboidrati, proteine e lipidi. Gli alimenti consigliati in questo tipo di dieta, sono i cibi ricchi di proteine, carboidrati non raffinati e grassi insaturi.
La dieta a zona la si può intendere come una dieta mediterranea sbilanciata, che prevede una ridotta quantità di carboidrati e un aumento nell'introduzione di lipidi e proteine.
La dieta a zona e stata ideata negli Stati Uniti dal biochimico Barry Sears. Sears ha sviluppato questo tipo di dieta per raggiungere, attraverso l'uso bilanciato del cibo, uno stato ottimale di salute in cui l'organismo lavora al massimo dell'efficienza. La chiave per accedere a questo stato metabolico è racchiusa negli eicosanoidi (ormoni).
La Zona è un tipo di dieta che tenta di mantenere la produzione di insulina in una "zona" ne troppo alta ne troppo bassa; si basa su una precisa distribuzione in termini percentuali dei tre macronutrienti principali in 40-30-30 (40% carboidrati, 30% proteine, 30% grassi) che deve essere rispettata in ogni pasto o spuntino. Tali percentuali si riferiscono alle calorie apportate dai 3 nutrienti fondamentali della dieta.
Il concetto chiave della dieta a zona, consiste nella teoria secondo la quale sarebbe possibile ottenere un'ottimizzazione del metabolismo umano raggiungendo un preciso equilibrio di un tipo particolare di ormoni, chiamati eicosanoidi. Tale equilibrio, secondo Sears sarebbe raggiungibile attraverso un'adeguata proporzione tra insulina e glucagone.
Sfruttando il fatto che con l'assunzione di cibi proteici si stimoli, oltre alla produzione di insulina, anche quella di glucagone, mentre con l'assunzione di carboidrati si stimoli molto di più la produzione di insulina (i grassi hanno un effetto meno stimolante su quest'ultimo ormone).
Secondo Sears è possibile, definendo un rapporto costante tra proteine e carboidrati assunti, ottenere la proporzione ideale tra insulina e glucagone, favorendo in questo modo la giusta ripartizione di eicosanoidi. Sempre secondo Sears sarebbe quindi fondamentale mantenere ad ogni pasto un rapporto tra proteine e carboidrati compreso in un range tra 0,6 e 1, con un rapporto ideale di 0,75.
Barry Sears, sostiene che equilibrando i tre macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) si può raggiungere uno stato fisico e mentale ottimale. Inoltre la dieta a zona permette una notevole riduzione del grasso corporeo, qualora questo fosse presente in eccesso.

Linee guida della dieta a zona

1) Ad ogni pasto si devono assumere le giuste proporzioni di carboidrati, proteine e grassi (il rapporto in calorie deve essere 40%-30%-30%).
2) Tra un pasto e l'altro non devono trascorrere più di 5 ore. Se intercorre un tempo superiore, bisogna fare uno spuntino. In questo modo la giornata si compone di almeno 3 pasti principali e 2 spuntini.
3) E' necessario ridurre il più possibile il consumo di dolci, pane, pasta, riso e cereali raffinati ad alto indice glicemico, forti stimolatori d'insulina.
4) Bisogna prediligere in particolare per i soggetti sedentari, carboidrati a basso indice e carico glicemico.
5) Per avere una risposta ormonale adeguata, uno spuntino dev'essere composto almeno da un blocchetto di carboidrati, di proteine e di grassi, vale a dire deve contenere almeno 9 gr. di carboidrati, 7 gr. di proteine e 3 gr. di grassi.
6) L'ultimo spuntino dev'essere quello serale (prima di dormire), a meno che non si abbia cenato entro le due ore precedenti.
7) Il calcolo dei blocchetti giornalieri da assumere, deve basarsi sulla quota proteica che si alza proporzionalmente con il livello di attività giornaliera.

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I carboidrati

Si avvicina l'estate e così anche le persone che vogliono ottenere risultati eccezionali prima della prova costume, per questo parliamo di un macronutriente fondamentale che in queste fasi dell'anno non viene considerato come tale, vale a dire i carboidrati.
I carboidrati, anche conosciuti ''come idrati di carbonio'' o ''glucidi'' o ancora più diffusamente con il termine di ''zuccheri'' provengono tutti dal mondo vegetale, eccetto il lattosio (disaccaride presente nel latte, formato da una molecola di glucosio e una di galattosio) che rappresenta l’unica fonte animale di zuccheri.
In base al numero di gruppi CHO, al tipo di composizione chimica e alla struttura che assumono, i glucidi o carboidrati si dividono in :

I monosaccaridi e i disaccaridi, sono detti anche zuccheri semplici, mentre i polisaccaridi sono detti zuccheri complessi.

Carboidrati e allenamento

La funzione principale dei carboidrati è quella di produrre energia, per questo sono fondamentali per chi si allena, hanno in media un potere calorico di 4 Kcal/g.
Il glucosio contenuto nelle cellule può provenire da tre differenti fonti: la dieta, la glicogenolisi (scissione delle molecole di glicogeno accumulate nel fegato e nei muscoli scheletrici) e la gluconeogenesi epatica (produzione di glucosio a partire dagli aminoacidi: alanina, arginina, asparagina, acido aspartico, cisteina, acido glutammico, glutammina, glicina, istidina, metionina, prolina, serina, treonina, triptofano e valina); queste tre vie in misura variabile e a seconda delle condizioni metaboliche e alimentari, vengono utilizzate dall'organismo per mantenere costante la glicemia sanguigna.
La glicemia indica la concentrazione ematica del glucosio che in condizioni normali oscilla tra 60-110 mg/dl.
Nella dieta la quantità di glucidi deve rappresentare il 55/65% della quota energetica totale giornaliera (ETG). La quota giornaliera totale di glucidi deve essere rappresentata per l'80% dai glucidi complessi e per il restante 20% dai glucidi semplici.
Molti sportivi al contrario sopratutto per diminuire la percentuale di adipe, riducono in maniera drastica l'introito di carboidrati nel proprio regime nutrizionale, in alcuni casi portandolo addirittura sotto il 10%.
Questo approccio rappresenta un errore molto grave, in quanto conduce verso un aumentato catabolismo muscolare, alla netta diminuzione delle performance atletiche e del metabolismo.
Per questo la quota di carboidrati non dovrebbe mai scendere sotto i 3-5 gr/Kg/die, la quota più bassa è adatta nei periodi di dimagrimento, quella più alta per quelli in cui si vogliono aumentare le calorie, come ad esempio nelle fasi di ipertrofia.
Come già sottolineato il nostro organismo reagisce ai cambiamenti adeguati e soprattutto fisiologici, gli stravolgimenti in questo senso, proposti sopratutto nei regimi alimentari chetogenici, non producono risultati ottimali, ma al contrario delle catastrofi, per rimarcare il concetto riportiamo l'articolo intervista a Marco Bassi, campione di Bodybuilding Natural. Master Trainer AIPT.

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Insulina tutte le caratteristiche

La scorsa volta abbiamo parlato degli ormoni tiroidei e di come questi possano avere un ruolo importante per il dimagrimento o l'ingrassamento, questa volta vediamo quali sono le caratteristiche dell'insulina e se questo ormone deve essere considerato positivo o negativo per il dimagrimento e l'anabolismo.
L’insulina è un ormone prodotto da gruppi di cellule chiamate isole pancreatiche o di Langherans presenti nel pancreas.
La funzione di questo ormone e quella di permettere il passaggio di glucosio e aminoacidi attraverso la membrana cellulare. Inoltre favorisce l’accumulo di glicogeno epatico e inibisce la glicogenolisi, cioè l'utilizzo di glicogeno muscolare. È importante sottolineare che l’insulina, rendendo permeabili le cellule al passaggio di glucosio e di aminoacidi, abbassa la concentrazione di zuccheri nel sangue e la contempo favorisce la sintesi proteica, assolvendo cosi ad un’azione anabolizzante. Un’eccessiva secrezione di insulina provocata dall'assunzione di un ricco pasto a base di carboidrati in particolare ad alto indice glicemico, può favorire la sintesi di acidi grassi, con conseguente accumulo di tessuto adiposo.

Insulina ingrassamento o anabolismo?

Diciamo col dire che i soggetti che hanno una buona sensibilità all'insulina possono trarre solo degli aspetti positivi da questo ormone.
Una buona sensibilità insulinica infatti favorisce la condizione nella quale il glucosio viene depositato più facilmente nelle cellule muscolari, al contrario una resistenza insulinica determina un maggior passaggio del glucosio verso le cellule adipose.
Appare chiaro come nella prima situazione l'insulina può diventare un ormone anabolico e nella seconda un ormone ''ingrassante''.
Per questo motivo l'insulina a seconda dei casi viene solitamente catalogato come ormone ingrassante o anabolico, c'è da dire che al di là del soggetto in questione che presenti una maggior o minor sensibilità all'insulina, la questione deve essere affrontata a più ampio raggio.
Una resistenza insulinica può predisporre sicuramente all'ingrassamento o il diabete, è importante però sottolineare come l'insulina non deve essere l'unico parametro da tenere in considerazione nelle fasi di dimagrimento.
Negli anni con le diete chetogeniche si è demonizzata l'insulina e l'assunzione di carboidrati, sentenziando su un taglio nell'assunzione di questo importante macronutriente e della secrezione di insulina per determinare un dimagrimento ottimale.
Tutto ciò al contrario porta ad un importante catabolismo muscolare e ad una trascurabile perdita di grasso corporeo.
E' importante invece sottolineare come il corpo umano sia un sistema molto più complesso, nel quale un solo elemento non può in alcun modo determinare un importante cambiamento, la nostra macchina perfetta funziona bene in sinergia con dei tempi che non sono di ore o giorni.
I veri adattamenti e obiettivi si ottengono nel medio lungo periodo, in quanto il nostro organismo è settato per adottare dei cambiamenti sostanziali quando un determinato stile di vita perdura nel tempo.
Per questo motivo l'insulina alla luce dei fatti può avere un ruolo importante sia nel dimagrimento che nell'ingrassamento e l'anabolismo.
Ecco allora alcuni punti chiave per rendere questo ormone anabolico e in qualche modo coadiuvante nel dimagrimento:

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Approccio nutrizionale ottimale

L'approccio nutrizionale ottimale da mantenere durante una fase di dimagrimento, deve prevedere come detto nello scorso articolo un limitato deficit calorico, basato su circa 5/6 piccoli pasti bilanciati al giorno ed un apporto completo di macro e micronutrienti, privilegiando i grassi insaturi, i carboidrati a basso indice glicemico e le proteine ad alto valore biologico povere di grassi.
Un approccio nutrizionale basato su 5/6 pasti giornalieri, favorisce l'assorbimento dei principi nutritivi e mantiene attivo il metabolismo tiroideo. I grassi insaturi contribuiscono al mantenimento di molteplici funzioni vitali, producono inoltre importanti effetti benefici sull'apparato cardiovascolare. I carboidrati a basso indice glicemico determinano una risposta insulinica bassa e quindi limitano la formazione di tessuto adiposo conseguente all'innalzamento dei livelli di quest'ultima.
Come si può notare per approccio nutrizionale ottimale, si intende un regime sano, basato su alimenti poco lavorati e ricchi di elementi nutritivi essenziali, importanti per favorire il recupero dopo i workout oltre che ottimizzare la fase di dimagrimento.

Approccio nutrizionale errori e soluzioni

È perciò da evitare:

Un approccio nutrizionale ottimale, per riassumere deve invece essere basato su:

Concludiamo dicendo che l'approccio nutrizionale delle diete iperproteiche, dette anche chetogeniche, da sempre molto diffuse nel mondo del fitness, che si diffondono tra i frequentatori soprattutto in questo periodo dell'anno, nonostante generino un consistente calo ponderale nel breve periodo, non sono da ritenersi efficaci né tanto meno salutari.
Le diete chetogeniche che prevedono un alto consumo di grassi e proteine contrapposto ad un introito molto basso di carboidrati, portano inevitabilmente ad un alto catabolismo muscolare, ad un rallentamento del metabolismo e ad un crollo della produzione di ormoni anabolici, tutto questo avviene chiaramente se si è NATURAL!

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